Autore: Sergio Maria Francardo
Editore: Valore Alimentare
Pedagogia

Il Natale: educare nell’epoca del surplus

Nel tempo del Natale che si sta allungando sempre di più (le luminarie sono installate già da novembre!) i nostri bambini rischiano di soffrire per le malattie connesse alle scadenti e stravaganti “concessioni” al modello consumistico che caratterizzano questo periodo. Mi riferisco certamente all’assunzione esasperata di cibi scadenti ma anche a cattive abitudini che le festività portano con sé, come la perdita del ritmo del sonno, o le giornate passate davanti al computer a sperimentare i nuovi videogiochi, veri e propri elettroshock elettronici. Abitudini che hanno conseguenze ancora più deleterie grazie all’alimentazione cui sono sottoposti i nostri figli in questo periodo dell’anno che rende il loro sistema nervoso più debole a causa dell’alto consumo di alimenti ad elevato contenuto di grassi ancor più ristagnanti per la sedentarietà. Noi genitori, d’altra parte, non siamo da meno e in questo periodo soffriamo spesso di colpi della strega (lombalgia acuta) che è una sorta di “indigestione” degli adulti che accumulano eccessi metabolici nelle strutture muscolari/articolari, come i signorotti medioevali con la gotta per gli stravizi della vita di castello. Vorrei proporre una riflessione su come trovare argomenti per “resistere” ad un modello di vita che non ci fa progredire, ma porta indietro la qualità della vita di tutti noi. Combattere il modello per progredire Ogni uomo riceve il proprio corpo dai genitori, in senso lato dagli antenati. Possiamo definire il corpo ereditario un “modello”. In quest’aspetto ogni uomo è determinato geneticamente. Possiamo sostenere che le leggi dell’ereditarietà sono profondamente valide per i primi sette anni. In seguito avviene una trasformazione dei diversi processi della natura umana: alcuni restano subordinati alle leggi ereditarie, altri si liberano a seguito dell’individualizzazione: il manifestarsi dell’individuo che prende possesso del corpo in modo personale. Noi genitori non desideriamo che i nostri figli diventino copie identiche di noi stessi: nonostante ogni possibile vanità, essere genitore significa desiderare il bene dei nostri figli, ovvero che possano realizzare le proprie qualità profonde, e ambiamo che questi primi fondamentali sette anni siano degni e ricchi di verità. Nei primi sette anni di vita il corpo del bambino compirà una trasformazione della sostanza: la materia ricevuta dai genitori verrà sostituita e il cambio dei denti da latte con i permanenti mostra che l’ultimo residuo di essa, il più duro, verrà abbandonato. Nella nostra epoca di crescente individualizzazione può essere considerato un fenomeno interessante, sul quale riflettere, il fatto che la conformazione della dentizione sia così straordinariamente individuale da creare un nuovo campo professionale: l’ortodonzia. Nella stupefacente irregolarità delle dentizioni moderne si rispecchiano appunto lo sforzo verso l’individualizzazione e la ribellione contro le leggi dell’ereditarietà cui la possente stimolazione dello stile di vita moderno tende a incatenarci: stesse cose per tutti, dall’alimentazione, allo svago, all’abbigliamento. Un segnale inequivocabile della debolezza dello stile di vita materialista/consumista è stato osservato nel secolo scorso da un grande dentista, Weston Price (in Nutrition and Physical Degeneration. A Comparison of Primitive and Modern Diets and their Effects. Medical Book Department of Harper & Brothers New York London 1939) che ha osservato come i popoli che emigrano passando dal terzo mondo a quello industriale, nutrendosi in modo scadente, sviluppano rapidamente malformazioni delle articolazioni dentarie, carie e alterazioni scheletriche della colonna, delle articolazioni, delle anche e del piede. Opporsi alla standardizzazione Possiamo dedurre dalla posizione dei denti il contrasto tra gli stimoli esterni ad essere “tutti uguali e precoci” (stessi giochi, stessa alimentazione, stesso modello educativo per tutti) e la resistenza individuale di quel bambino. I denti di molti bambini oggi sono storti perchè sono un segnale chiaro che quell’individuo esprime contro l’omologazione imposta dall’esterno. Non sono contrario all’ortodonzia ma è evidente che il compito che ci viene richiesto è di tipo pedagogico. Dobbiamo scegliere lo stile di vita corretto o continuare a praticare infinite cure, per riportare in equilibrio quest’organismo che lotta contro l’omologazione e la standardizzazione, provocata dallo stile di vita moderno? Una società che crea alimenti identici ed “eterni”, cioè che si conservano a lungo inevitabilmente combatte il grande lavoro di superamento del modello ereditario e vuole creare organismi identici ovvero con gli stessi problemi. Per fare un esempio pedagogico e non solo nutrizionale vorrei far notare come la decisione di iniziare la scuola elementare sia burocraticoanagrafica e non tenga alcun conto dello sviluppo di quel singolo bambino. Scegliendo solo in base a dati astratti non andiamo incontro alle esigenze profonde di quel bambino. Magari ha bisogno ancora di tempo e quest’attesa potrebbe essere importante: non è detto quindi che tutti i bambini debbano cominciare la scuola elementare a sei anni (se non prima!). Si pensi alla saggezza di una valutazione personalizzata che guarda non solo allo sviluppo intellettuale, ma osserva la crescita delle braccia (gli organi dell’agire, cioè del volere) in rapporto alla testa (organo dell’attività intellettuale), la capacità di controllare e muovere gli arti inferiori in modo rettilineo e preciso, che non ha nulla a che vedere con l’agilità, e naturalmente l’eruzione dei denti definitivi, segni di maturazione del sistema nervoso. La “resistenza” del bambino La moderna neuropsichiatria infantile usa parametri simili ma la medicina non la ascolta. Così la moderna immunologia sostiene, a ragione, che la febbre è un immunostimolante e immunomodulante ma questo non giunge nelle orecchie delle famiglie e spesso nemmeno dei loro pediatri e si continua a combattere la febbre come un nemico e non come un alleato. Possiamo dire che la scolarizzazione precoce indebolisce la componente volitiva del bambino e, se non ci saranno recuperi temporali successivi, sorgeranno difficoltà sul piano relazionale e sarà difficile da adulti vivere la socialità. E così il sistema scolastico assomiglia drammaticamente al cibo industriale e standardizzato, che impedisce al metabolismo di quel bambino di elaborare a fondo, in modo individuale, la sostanza alimentare. La grandezza dell’umano si esprime nella resistenza, nell’ostinata resistenza. Così il bambino si oppone alla pressione sclerotizzante e obesizzante dell’alimentazione iperproteica e dei grassi saturi, dalle merendine ai cibi pronti, sviluppando malattie catarrali in qualunque mucosa: dalla gola alle orecchie, dalla vulva alla vescica. Cercando di sciogliere e portar fuori con il catarro tutta questa vita estranea, introdotta con l’eccesso di proteine e grassi trans, dovuta alla somministrazione di un modello alimentare estraneo, troppo possente. La paura di essere “diversi” Quanti danni provoca questa ossessione di far evitare “traumi” ai nostri figli, questo dogma di non ferire la loro autostima che, in realtà, è una mancanza dannosa di fiducia nei loro confronti: “Non potrà resistere senza mangiare le merendine come gli altri, senza la tivù, senza i video giochi, senza un po’ di schifezze”. Come potrà un bambino credere nel futuro se il futuro è inghiottito dalle nostre incertezze, dalla tragedia del nichilismo che tanto ci spaventa nei nostri adolescenti (si veda l’interessante libro di Umberto Galimberti “L’ospite inquietante” Feltrinelli, 2008) originata dal nostro permissivismo umiliante che ci impedisce di credere che possano farcela senza, da soli, come loro sognerebbero. Se stimiamo così poco nostro figlio e pensiamo non possa reggere al rifiuto di un torroncino o di una barretta di cioccolato o di una playstation, che futuro sogneremo per lui? La festa del Bimbo Divino che scende sulla terra e nasce in una stalla, non può essere onorata degnamente con una totale sottomissione al consumismo e al meccanicismo.