Sembra proprio un’isola, La Monda; e non perché sia uno spazio chiuso, delimitato. Non ci sono siepi, né cancelli che la chiudano alla vista; ma chi la visita può riconoscervi una luce particolare, che dà una sensazione di serenità, di ritmi salutari, di cura della vita. Uno dei protagonisti della storia della Monda è Piero Todeschino, responsabile dell’azienda agricola biodinamica. Con lui vogliamo parlare del signicato del suo lavoro.
Come hai conosciuto l’agricoltura biodinamica?
Ero un agrotecnico, impegnato in un Istituto di ricerca che si occupava della coltura del pioppo. Sperimentavamo tutte le più attuali forme di lotta chimica e biologica ai parassiti di questa pianta. Tutto era centrato sulla ricerca di sostanze antagoniste, sempre più potenti, sempre più sofisticate. Queste stesse sostanze, però, erano nocive sia per la natura, sia per la salute umana, tanto che manipolarle comportava gravi rischi. Io stesso mi ammalai sperimentando nel mio stesso corpo le conseguenze di questo modo di intendere la scienza della natura. Iniziai a cercare un’alternativa e il mio destino mi fece incontrare la biodinamica. Ne sentii parlare da un amico, che mi prestò un libro nel quale si par- lava della terra in un modo talmente diverso da sembrare irreale, visionario. Aratura, semina, raccolto: ogni cosa in relazione con il cielo, con il movimento di pianeti e stelle. Era il calendario di Maria Thun: mi sembrò naturale cominciare a sperimentare questo nuovo approccio in un piccolo orto. Fu così entusiasmante che il mio lavoro di agronomo mi sembrò sempre più una prigione. Ero pronto per cambiare orizzonte, anche in senso letterale: andai in Gran Bretagna, all’Emerson College, dove in una dimensione veramente internazionale potei immergermi nello studio della biodinamica e dell’antroposofia.
Si sente nelle tue parole che l’incontro con la biodinamica è stato davvero una rivelazione. Puoi darcene un’immagine?
L’agricoltura biodinamica ha in sé la capacità di risanare la terra. Non si tratta soltanto di non nuocere, di mantenere un equilibrio che la natura da sola è in grado di stabilire. Bisogna invece imparare a pensare che ogni azione dell’uomo, la concimazione, il sovèscio (l’interramento di piante fresche per fertilizzare il terreno), la semina, sono un vero e proprio atto di collaborazione, di risonanza con le forze formative della terra e del mondo vegetale. L’uso dei preparati biodinamici, sostanze che vengono dinamizzate come i farmaci antroposofici, trasforma concretamente la qualità del terreno; ed è qualcosa che si può vedere, toccare, sperimentare. Cambia il colore della terra, cambia la sua consistenza, la sua vitalità. Tutto questo non è un miracolo, ma il frutto di un lavoro che l’agricoltore deve fare anche su se stesso. Occorre impegnarsi a conoscere, ad aumentare la propria consapevolezza; occorre osservare il campo, conoscerne le caratteristiche e le esigenze, saper riconoscere i mutamenti nei ritmi della natura e delle stagioni. In sostanza l’agricoltore deve sentirsi partecipe dell’organismo che è l’azienda agricola: un organismo che comprende la terra, le piante, gli animali e l’uomo. È un microcosmo che riflette una natura più elevata. Le forze planetarie sono alla base di ogni forma di vita vegetale: ciò si riflette, in modo evidente per chi sa osservare, nella forma di una foglia, nella diramazione delle radici, nel colore dei ori e dei frutti. Attraverso l’uso dei preparati biodinamici e del calendario delle semine l’agricoltore si mette in relazione cosciente con queste forze e le collega alla vita concreta e specifica di quel campo, di quella terra.
E quali sono i frutti di questo lavoro?
La terra dona qualcosa di importante all’agricoltore che se ne prende cura. Un problema che oggi spesso gli agricoltori vivono è un’enorme solitudine. È stato uno dei motivi dello spopolamento delle campagne: l’agricoltura ha perso quella valenza sociale che un tempo era riconosciuta e vissuta intensamente. L’agricoltura industrializzata impoverisce la terra e i suoi frutti ma anche l’esperienza dell’uomo e del suo lavoro. L’agricoltura biodinamica arricchisce l’interiorità dell’uomo che lavora la terra, creando armonia fra l’organismo aziendale e l’entità umana. I frutti di questo lavoro si riflettono nella qualità dei prodotti. È risaputo che i prodotti biodinamici hanno un contenuto in sostanze vitali e nutritive molto elevato; ciò è stato riconosciuto da diversi studi scienti ci. Un’alimentazione basata su prodotti biodinamici è in grado di migliorare la qualità della vita, di dare una base migliore alla crescita dei bambini, sia dal punto di vista fisico che psichico e di evitare quelle intolleranze che oggi hanno assunto un carattere epidemico. L’agricoltore consapevole di questi risultati può trovare così nuove mete, nuovi ideali su cui basare la propria esperienza di vita e di lavoro.
Quali sono state le tue esperienze lavorative?
In generale ho sempre cercato di lavorare in situazioni in cui fosse valorizzato l’aspetto sociale. Per alcuni anni ho potuto partecipare all’esperienza di vita comunitaria in un Camphill. Si tratta di villaggi che ospitano portatori di handicap psichico. Non sono però semplici strutture di accoglienza, ma luoghi dove ogni aspetto della vita viene condiviso in modo veramente umano e paritario. L’esperienza di un lavoro comune dona a tutti un grado elevato di dignità e un eleva- mento spirituale. Il lavoro nei campi di per sé o re la possibilità di sviluppare un sentimento di calma e di serenità; il ritmo sensato delle stagioni, il nesso che collega la semina al raccolto, un senso concreto di rispetto della natura, la ripetizione di gesti che hanno in sé qualcosa di sacro, sono tutti strumenti che hanno una valenza terapeutica. Questa esperienza è stata per me particolarmente formativa, e sono stato ben felice di poterla proseguire, nelle sue linee essenziali, anche qui alla Monda.
Quali altre mete vedi nel futuro della biodinamica?
Oggi si iniziano a fare esperienze molto importanti in altri con- tinenti. Un esempio è quello di Sekem, una grande azienda che si è sviluppata in Egitto, dove una terra arida è stata trasformata con successo, e si è data a migliaia di persone la possibilità di vivere e lavorare costruendo una realtà sociale davvero innovativa. In Australia si ha oggi la possibilità di sperimentare la biodinamica in vaste estensioni di terreno, in una natura vergine e incontaminata, con risultati veramente eccezionali. Ma penso che una grande s da oggi sarebbe quella di trasformare la qualità del rapporto fra produttori e consumatori. In un certo senso è proprio la qualità dei prodotti biodinamici a richiederlo. La formazione del prezzo in questo caso non può essere lasciata soltanto alla legge della domanda e dell’o erta. La valutazione della qualità degli alimenti biodinamici richiede anche nel consumatore una maggior consapevolezza, un rapporto più co- sciente con il produttore. È auspicabile che si sviluppi sempre di più una conoscenza diretta, una visione dell’organismo-azienda, di cui in questo senso fa parte anche il consumatore. In alcuni casi si sono formate realtà in cui il consumatore è un finanziatore del processo produttivo, e non solo il compratore del prodotto finale.