Viste le limitazioni in cui dobbiamo vivere in questo periodo di pandemia, l’uso dei moderni mezzi di comunicazione messi a disposizione dell’elettronica ha avuto un notevolissimo incremento con una serie di ricadute sulle quali è bene fare qualche riflessione. Oggi vengono evidenziate le ricadute positive, ma ve ne sono anche di problematiche, per cui non si dovrebbe cadere nell’automatismo che porta, anche nell’ambito antroposofico, ad accettare come ovvia e necessaria questa nuova tecnologia, quando si potrebbero cercare delle vie più consone alla reale dimensione umana. R. Steiner ci parla della relazione umana come espressione di tre sensi specifici, il senso dell’io altrui, del linguaggio altrui e del pensiero altrui.
Quindi si tratta di una diretta qualità percettiva, non di rappresentazioni e di deduzioni cognitive, quindi di un concreto contatto nell’ambito del mondo sensoriale. Lo sviluppo di questi tre sensi poggia sull’attività di altri tre sensi legati alla percezione della nostra corporeità, il tatto, il senso del movimento e il senso della vita. E’ ora singolare come le attuali limitazioni tocchino proprio l’attività sia dei tre sensi sociali, sia di quelli che ne stanno a fondamento. Veniamo isolati in casa, lontani dai reali contatti sociali che vadano altre alla stretta cerchia di convivenza. Non esercitiamo più molto i tre sensi superiori, in quanto non possiamo più riunirci in gruppi e avere scambi sociali diretti. Il contatto fisico va poi evitato per paura dell’infezione, la possibilità di muoversi realmente all’aperto viene impedita, l’ansia diffusa mina il senso della vita, quindi anche i tre sensi basali non trovano la loro piena attività.
Quali possono essere le ricadute di queste limitazioni? In termini del tutto generali si può dire: là dove l’uomo non usa certe sue funzioni, queste tendono ad atrofizzarsi. La cosa vale in primo luogo per i bambini. Ma nonostante le ricordate limitazioni, in realtà il tutto va relativizzato, in quanto non siamo in una cella di isolamento senza più alcun contatto umano, per cui i sensi in questione restano comunque in attività. Che cosa succede invece se questi sensi vengono ingannati? Sento per via tecnica la voce di un amico, ma in realtà sento una macchina che ne imita la voce. Vedo l’immagine dell’amico, ma è una illusione, vedo solo tanti puntini luminosi su di uno schermo.
Non ho davanti a me l’uomo vero, ma una sua proiezione tecnica. Si tratta di un vero e proprio inganno dei sensi superiori, inganno di cui spesso non ho consapevolezza. Più è grossolano lo strumento tecnico e più mi accorgo dell’inganno, più è raffinato e più l’inganno mi sfugge. Quale può essere la ricaduta di un simile inganno? E’ una domanda che andrebbe approfondita, specie quando si tratta dei bambini in cui questi sensi sono ancora in via di sviluppo, si possono per intanto fare alcune riflessioni. Un senso che viene troppo spesso tratto in inganno rischia di non riuscire più a distinguere bene ciò che è virtuale e ciò che è reale.
Le potenziali patologie che ne sorgono sono state ormai studiate ampiamente. Si pensa per esempio di poter sostituire il maestro di scuola con una macchina, di sostituire una reale conoscenza con una somma di informazioni, di insegnare le lingue come apprendimento tecnico privo di anima. Ci troviamo già davanti alla incapacità di cogliere i reali valori umani della comunicazione, in quanto i sensi superiori sono ormai in confusione. Perdo la vera capacità di ascolto dell’altro, la capacità di cogliervi la traccia del vero io, del sole spirituale, la capacità di seguirne i sottili fili di pensiero, facendo emergere incomprensioni ed anti-socialità.
Un incontro digitale può dare l’impressione di una reale esperienza, ma senza un affinamento della sensibilità, non si riesce a distingue l’elemento emotivo del corpo astrale, che indubbiamente si può attivare, dalla realtà spirituale più profonda che qualifica un vero incontro. Si soggiace ad un inganno, anche perché l’emergere del soggettivo elemento emotivo è spesso gratificante, come lo è anche il senso di potere che la macchina trasmette. I meritevoli studi di Manfred Spitzer parlano un linguaggio molto chiaro riguardo alle ricadute negative delle moderne tecnologie della comunicazione. Bastano i titoli “Attenzione, schermo!” e “Demenza digitale” per caratterizzare la cosa. I danni della comunicazione digitale sono chiaramente noti, ma facciamo fatica a portare queste conoscenze nella volontà, abbiamo cioè già subito una parte di questi danni, per cui cadiamo in una specie di automatismo passivo che ci porta ad usare, come la gran parte delle persone, questa comunicazione digitale in sostituzione della possibilità di una comunicazione diretta.
Ed è qui dove il mondo antroposofico dovrebbe mostrare la sua specificità con i necessari distinguo. Una prima osservazione: la macchina, e in particolare quella elettronica, non solo non conosce il senso del sacro, ma lo distrugge, sui piani più diversi. Un solo esempio: se qualcosa ci è caro, se porta in sé una spiritualità, un elemento di sacralità, lo affidiamo alla macchina? Se lo facciamo passa il contenuto intellettuale, ma si perde ogni spiritualità. Non è quindi una dissacrazione mandare dei mantra che ci sono sacri per via digitale? O sostituire la delicata sacralità di un incontro con un incontro digitale? Una seconda osservazione: la nostra cultura ha bisogno di una attivazione interiore, di una capacità di evocare interiormente delle immagini, nella educazione Waldorf cerchiamo di educare e stimolare questa capacità immaginativa. Incontrarsi sullo schermo, far vedere sullo schermo i compagni, dialogare per via digitale per socializzare, significa vedere solo una immagine fisica fatta e finita, una immagine morta, un sottile materialismo, invece di stimolare la capacità interiore di evocare le persone, i compagni, gli incontri, di far lavorare l’immaginazione in cui può vivere anche il sentimento.
Molto diverso sarebbe mandare una lettera scritta a mano, la si apre con una sottile attesa, si coglie una scrittura, una composizione, una grafica che richiamano interiormente la persona che ci ha scritto e che ha usato il tatto, il senso del movimento e dell’equilibrio, la sua volontà e il suo sentimento per comunicarci qualcosa che gli stava a cuore. Diamo interiormente vita all’amico, all’amicizia. Perché gettarsi come automi negli incontri digitali, invece di stimolare con fantasia delle reali alternative, come per esempio lo scrivere, ma in corsivo con la fluidità che viene dal sangue e non spezzettando le parole con la discontinuità del sistema nervoso? Una terza osservazione. Roberto Casati nel suo studio “Contro il colonialismo digitale, istruzioni per continuare a leggere” fa una giusta apologia del libro, il veicolo moderno della cultura, ma anche dell’apprendimento.
Il libro si può leggere e rileggere, sottolineare, gustare nella grafica e nell’estetica, ci si può affezionare. Perché allora non valorizzarlo al massimo al posto del tablet freddo e anonimo, quando è ormai ampiamente dimostrato che con il video non si fa vera cultura? Anche qui sembrano prevalere il fascino e la comodità, più che una vera attenzione ai processi cognitivi. Abbiamo così ricordato tre sfere in cui possiamo portare degli stimoli alternativi, quella dell’interiorità religiosa in senso non confessionale, quella della fantasia artistica e quella della vita cognitiva della scienza. R. Steiner ci dice in modo molto chiaro quali sono le tentazioni legate ad una pura cultura intellettuale, ad una cultura staccata dalla presenza viva della concreta personalità, una cultura che la macchina rende di necessità anonima. Con una chiara controparte sociale: una dittatura, in questo momento della medicina materialistica, ma più in generale della scienza accademica e della tecnologia.
Le nostre scelte non hanno conseguenze solo nel nostro piccolo, ma anche nel grande della natura. In questo momento tutta la nostra terra “ha l’influenza” e i virus patologici per l’uomo ne sono solo una conseguenza, dobbiamo quindi cercare di portarle incontro alla terra forze di salute, non di ulteriore malattia. “Ciò che accade nella nostra epoca, che accade già da molto tempo e che deve cambiare, è che noi, con la fredda, piatta aridità intellettuale, permettiamo che l’esistenza terrena diventi, per vie traverse, preda del mondo luciferico. In tal modo la terra subisce un arresto evolutivo, è trattenuta a una fase precedente, non giunge a compimento. Se si continuerà molto a lungo a coltivare l’aspetto impersonale della cosiddetta scienza, la conseguenza sarà che gli uomini perderanno le loro caratteristiche animiche. La scienza impersonale è l’assassina dell’anima e dello spirito umani; inaridisce l’uomo, lo dissecca. Da ultimo fa della terra un pianeta morto popolato da automi che su questa terra perdono l’elemento animico spirituale.”
La controparte della volontà tocca il problema della autonomia interiore e della sua maturazione sociale. “Gli uomini temono l’ordine sociale che si costituisce quando ognuno si dà un indirizzo individuale. Preferiscono organizzare ciò che devono volere. Preferiscono porre ‘imperativi categorici’ al posto dell’amore operante in ognuno. Tuttavia, sussistendo simili ordini astratti … secondo il modello del decalogo o di leggi di stati unitari … dall’elemento individuale umano emergono solo le brame istintive, quelle che oggi vediamo riprendere un vigore particolare e che in sostanza sono diventate l’unico ingrediente sociale del nostro tempo …. Come dall’attività intellettuale fluttuante sopra l’umanità si forma una entità collettiva, così dal patrimonio di volizioni dei singoli individui, non trasformato in amore, si formano entità demoniache del tutto individuali …. che condurrebbero un’esistenza di tipo spettrale arimanico e toglierebbero (alla terra) la possibilità di passare alla metamorfosi planetaria successiva, quella di Giove.” (OO 203 1.4.1921)
Di fronte alle scelte che la pandemia ci impone nei confronti dei mezzi di comunicazione, gli sfondi spirituali che R. Steiner ci apre sollecitano una massima consapevolezza nel prendere delle decisioni sul loro uso. E’ chiaro che la moderna tecnologia digitale fa parte del nostro mondo attuale e che ce ne dobbiamo servire, ma non accettandola passivamente in aree come quella sociale ed educativa, bensì limitandola a quei momenti indispensabili in cui può portare i suoi frutti positivi. Quindi non la fuga di fronte al digitale, ma l’attivazione interiore per trovare le giuste alternative là dove è fonte di danni.
Milano 18. 4. 2020
Stefano Pederiva