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Bambini bisognosi di cure dell'anima - Sulla pedagogia curativa di Rudolf Steiner - vol. 1

Bambini bisognosi di cure dell'anima - Sulla pedagogia curativa di Rudolf Steiner - vol. 1

di Walter HoltzapfelIl capitello del Sole Pagine: 159
21,00
Edizione: 2010
21,00
Sulla pedagogia curativa di Rudolf Steiner

Questo libro può ormai considerarsi accolto favorevolmente da genitori, pedagoghi e medici.
Dai pareri di diversi lettori risulta essere ben inserito nello sviluppo degli studi in materia.
Nella seconda edizione del suo libro sull'epilessia Rudolf Treichler ha ripreso due aspetti trattati in questa sede. Il primo, sulla descrizione della "zona crepuscolare" tra sonno profondo e apice dello stato di veglia: "Da questo punto si comincia ad intendere in modo nuovo lo stato di coscienza dell'epilettico grave con il suo "stato crepuscolare cronico", così come l'importanza della pianta di Belladonna nel trattamento dell'epilessia", scrive Treichler.

Continua poi facendo riferimento allo stretto rapporto, trattato in questa sede, e sviluppato già in precedenza, del Petit-Mal-Trias con i tre settenni dell'età infantile. Anche Karl Kònig ha descritto questo rapporto.
Procede anche il dibattito sulla legastenia.

Il fatto che in questo contesto sia trattato il perdurare di una fase normalmente transitoria nello sviluppo infantile era stato già riportato nella prefazione alla seconda edizione di H. e R. Meyer. Nello stesso tempo si sono avuti consensi in proposito anche da parte di autori ed esperti conoscitori della Scienza dello spirito di Rudolf Steiner. Joachim Hein, scrive, ad esempio, a proposito del legastenico: "Il suo disturbo nell'apprendimento non consiste nel cogliere in modo irragionevole un processo errato, ma nel mantenerlo tale, giacché nel suo sviluppo non riesce ad elaborare in modo corretto l'esperienza vissuta." Otto Kaltenbrunner così spiega: "Il legastenico non è ancora completamente formato per il periodo scolare. È ancora avvolto dal suo involucro eterico e, quindi, parte di quelle forze vitali predisposte dalla natura non sono state ancora da lui del tutto trasformate."

Se la comparsa della sindrome della legastenia è collegata con la posizione dei denti e con la dentizione, come si sostiene in questa sede, non dovrebbero allora mostrarsi delle anomalie nella formazione dei denti di un legastenico? A questa problematica risponde Otto Kaltenbrunner riferendosi a ricerche "concernenti il grado di sviluppo della seconda dentatura nei legastenici, confrontato con quella di bambini più capaci. " Tali ricerche sono state effettuate. H. Hòfle ne riferisce i risultati: "Né nella struttura, né nell'ordine temporale della dentatura sono state riscontrate anomalie in relazione alla cosiddetta "condizione di labilità -spaziale" (legastenia)." Perché non sono state riscontrate delle anomalie? Giacché l'anomalia non si rintraccia né nella dentatura né nel liberarsi delle forze formative eteriche, ma risiede invece nel modo incompleto in cui queste forze vengono afferrate dal principio che regola gli impulsi volitivi provenienti dall'io.

Tutto ciò sarà spiegato nei capitoli IX e X.
Esiste un processo patologico in cui le forze formative liberate non emergono subito in un altra configurazione, bensì mantengono ancora per un certo lasso di tempo la loro forma nel soprasensibile. Quando si perde un arto, quest'ultimo, ormai invisibile, a volte può essere ancora percepito come invisibile "arto-fantoma".
Questo paragone, usato con la giusta cautela, può aiutare a capire meglio ciò che accade al legastenico. Nel suo caso non si può parlare certo di una "dentatura fantoma". Ciò è legato al fatto che denti e membra vengono sperimentati a diversi livelli dal punto di vista corporeo. In una condizione di salute non abbiamo nessuna percezione interna dei denti, come del resto, neanche dei capelli o delle unghie. Ma manteniamo invece sempre quella dello stato e della funzione dei nostri arti.

Nuovi problemi richiedono nuovi e agili pensieri. Se tentiamo di accostarci al problema della legastenia usando rappresentazioni tradizionali, si rischia di fallire e, alla fine, si arriva alla conclusione che la legastenia non esiste affatto; è un'"invenzione", un "problema apparente", un "concetto vuoto". Naturalmente esistono aspetti diversi e complessi da considerare, testimoniati da una vasta letteratura.

Nel testo è già stata sottolineata l'importanza dei disturbi uditivi differenziati (insufficiente distinzione tra le vocali raddolcite e le consonanti).

Una visione più ampliata della dentizione e del suo significato per la legastenia conduce al cuore della questione, da cui si dispiega l'intera problematica dello sviluppo e da cui emergono anche i nessi con gli altri aspetti. "Il problema della legastenia in senso teorico non è stato ancora chiarito" scrive Edith Klasen.

Si tratta di un'affermazione importante di questa studiosa, che in seguito alle sue attività in Europa e negli Stati Uniti ha maturato una grande esperienza in materia.

La teoria viene facilmente disdegnata da chi è impegnato nella pratica. Ma non esiste una pratica più efficace di quella basata su una teoria, che non è so­tanto "mera teoria", ma un compenetrarsi con il problema in modo conoscitivo.

Arlesheim gennaio 1982

Dr. med. Walter Holtzapfel: nato a Kiel nel 1912.
Medico internista in vari ospedali e cliniche, durante la guerra medico di campo, ha poi prestato la sua opera in ambulatorio ad Ulma, lavorando al contempo come medico scolastico a Ulma e a Basilea.
Ha seguito negli anni diversi istituti di pedagogia curativa. È stato direttore della sezione di Medicina della Libera Università del Goetheanum, docente in diversi corsi, conferenziere e autore di diverse pubblicazioni, fino alla sua morte avvenuta ad Arlesheim nel 1994.

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